Continua la sfida del “Manifesto per la cultura”: cinque domande (senza colore) ai candidati premier

Negli ultimi giorni faccio un sogno ricorrente: chiudere gli occhi e riaprirli magicamente il 26 febbraio 2013, esattamente tra un mese, a urne chiuse.

Lo confesso, soffro di vertigini da campagna elettorale e non vedo l’ora che questo tour de force sia chiaramente (de)finito.

Ma, come dicevo, si tratta di un sogno. La realtà, invece, richiede tutto il mio/nostro impegno per tenere alta l’attenzione sul tema CULTURA, che potrebbe finire per essere ‘dimenticato’ dall’attuale contest politico italiano.

Per questo motivo è importante la nuova iniziativa del Domenicale del Sole 24 Ore“Il governo della cultura, la cultura al governo” che prosegue la sfida del “Manifesto per la cultura” dello scorso febbraio.

Cinque domande chiare e puntuali rivolte ai candidati premier che intendono: ricordare (chi siamo), suggerire (cosa potremmo essere), consigliare (come diventarlo), illuminare (sulle opportunità a portata di un Paese che investe sul futuro), ma soprattutto avere RISPOSTE chiare e puntuali.

  1. Gentile candidato premier, se vincerà le elezioni, intende aumentare le quote di Pil destinate alla cultura, alla ricerca, all’istruzione e alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale e paesaggistico portandole ai livelli degli altri Paesi europei e dei Paesi economicamente più sviluppati? Oppure non lo ritiene possibile o necessario?
  2. Se sì: in che modo pensa di spendere produttivamente quei soldi? Se no, in che modo, da chi e con quali strumenti intende trovare le risorse necessarie per rilanciare e riqualificare cultura, ricerca e istruzione, nonché per promuovere la fruttuosità economica del patrimonio storico-culturale e paesaggistico?
  3. La pratica artistica e musicale non sono insegnate nelle scuole, e questo fatto danneggia la nostra scuola e la nostra immagine nel mondo. Sforniamo analfabeti funzionali, inconsapevoli del loro patrimonio circostante. Se andassse al governo cambierebbe i programmi scolastici introducendo queste materie fin dai primi anni di scuola?
  4. In vista dell’arrivo di ingenti fondi europei, che iniziative intende intraprendere per incrementare l’impresa creativa italiana e per esportare il valore della nostra cultura e del nostro patrimonio storico-artistico, storico-scientifico e paesaggistico nel mondo?
  5. A fronte del fatto che secondo numerosi e accreditati studi non c’è sviluppo economico e sociale costante in un Paese che spende meno del 2% di Pil in ricerca e innovazione e che non valorizza, anche economicamente, il ruolo dei giovani ricercatori, che cosa intende fare per fermare il declino della ricerca italiana, l’emorragia di giovani ricercatori e il disinteresse dei ricercatori stranieri nei riguardi del sistema italiano della ricerca e dell’innovazione?

Le cinque domande del Domenicale mi hanno ricordato le parole che tanto tempo fa ascoltai in un servizio televisivo dedicato ai senza fissa dimora di Roma.

Nella maggioranza dei casi si trattava di persone che avevano perso il lavoro e si erano ritrovate a vivere per strada e mangiare alla mensa dei poveri. Arriva il turno di un piccolo uomo, con il cappotto logoro ma dignitoso, che rivolgendosi al giornalista, a cui aveva raccontato la sua storia, dice:

Sa cosa ho imparato dalla vita? Che carità e cultura non hanno colore.

A questo punto ho deciso di cambiare sogno. In attesa di leggere le prime risposte dei candidati (che saranno pubblicate sul supplemento domenicale a partire dal 3 febbraio), mi auguro che il prossimo premier italiano, in fatto di cultura (e carità), non abbia proprio colore!

Voi che ne dite?

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